Il racconto di Camilla e Lorenza, che hanno digiunato e manifestato in piazza martedi' 2 ottobre.
La prima signora che si è avvicinata era una di quelle che ti passano davanti e leggono la frase scritta sul cartello, passano oltre, ma dopo un po’ tornano indietro. Ci ha detto che ci ammira ma che era certa che non ci fosse mai capitato uno sputo da un lavavetri a cui avevamo detto “no, grazie”. Voleva confrontarsi, nonostante la brutta esperienza. Questo ci ha dato speranza, ma è amaro toccare con mano uno degli effetti di questa ordinanza, una delle ragioni per cui la rigettiamo: generalizzare la scorrettezza, categorizzare la maleducazione, insinuare che il senso della legalità abbia a che fare con la razza, con le origini. Sarebbe come dire: se mi sputi in faccia allora tutta la tua famiglia, tutti quelli che fanno il tuo lavoro, tutti quelli che vengono dal tuo paese devono venire puniti.
Il messaggio dei nostri cartelloni era volutamente un po’ provocatorio. Magari non era il messaggio più centrato, magari non era un messaggio troppo preciso, ma stimolava l’attenzione dei passanti, li svegliava dal torpore, li costringeva a confrontarsi sul piano dei valori, delle opinioni e delle informazioni.
Il rifiuto dello spirito di questa ordinanza ci trova concordi, ma sulle soluzioni possibili ci sono tra noi alcune sfumature diverse.
Io, Camilla, vorrei davvero un ripensamento, un’ammissione di colpa, un’azione volta a parziale riparazione del danno fatto. Prima di proporre una qualsiasi soluzione però penso che la giunta dovrebbe convocare questi 50/70 romeni, parlare con loro, conoscerli, capire la loro situazione quotidiana, come fanno a tirare a campare… Non escluderei, a priori, la possibilità di professionalizzare il mestiere del “lavavetri”, che è in fondo un esempio come altri di quell’economia informale con la quale campano i due terzi della popolazione del mondo.
Il sistema non può comunque ignorare il fatto che siamo ormai meta o passaggio di flussi migratori, e che occorre cercare soluzioni dignitose, non lesive della dignità delle persone per affrontare la nuova era che si affaccia. Se ci fossero altre opportunità di lavoro e di inserimento andrebbero subito sfruttate per togliere queste persone dalla strada, ma è anche vero che queste opportunità mancano anche ai nostri connazionali…. Questi romeni non possono attendere, davanti a un piatto vuoto, che flessibilità e precarietà vengano sconfitte a livello macro! Si sono inventati questo mestiere? Se non ci sono alternative possibili, questo servizio può essere gestito in modo pacifico e non lesivo della dignità dell’automobilista come del lavavetri stesso. Andrebbe valutato.
Io, Lorenza, invece non vorrei che i lavavetri tornassero sulle strade. Penso che queste persone possano essere impiegate in altri tipi di lavori e di servizi. Penso che sia pericoloso farle tornare adesso ai semafori perché nelle ultime settimane si è legittimata la paura dell’altro, l’insofferenza, quindi non sono da escludere sfoghi xenofobi, dovuti a ordinanze come quella Cioni/Domenici, rivolte alle “viscere” dei cittadini.
Alcuni passanti vedendoci scuotevano la testa chiedendoci “volete i lavavetri?” ma non si fermavano a parlare e non potevamo affrontare la complessità di una risposta, una risposta che non può consistere in un semplice ‘sì’ senza argomentare sulla questione delle politiche sociali, del problema della convivenza, della necessità di smettere di generalizzare.
Questa indisponibilità al confronto è stata frustrante, perché ci è sembrato spesso di rivolgerci a persone che non hanno nessuna intenzione di fermarsi, confrontarsi, ascoltare, comunicare. Ci sono verità precostituite che vengono “vomitate” addosso, senza dare alcuna chance al dialogo.
Altre interazioni simpatiche: qualcuno è passato dicendo “conosco il problema” senza specificare se il problema fosse per lui rappresentato dai lavavetri o dalle ordinanze. Altri sono sfrecciati davanti ai cartelloni esclamando a voce alta “..mah! E’ l’unica cosa che hanno fatto bene!”.
Poi c’è stato un anziano signore di origini napoletane che si è fermato a dirci con tenerezza, quasi rivolto a due bambine: “Ma perché vi preoccupate di questa gente? Pensate a noi poveri italiani, pensate ai fatti vostri…”. Al pensionato napoletano il tempo non è mancato, e si è trattenuto molto a lungo per un confronto decisamente civile. Abbiamo inventariato i problemi d’Italia, e alla fine lui ha convenuto sul fatto che in Italia le emergenze siano ben altre, ma pur sempre non si rassegnava a questa nostra scelta di mobilitazione “per degli stranieri”.
In nostro appoggio è arrivato un aitante ciclista che sosteneva che ormai, anche se avessero ritirato l’ordinanza, il danno era stato fatto. Sempre il ciclista si è messo a discutere con il pensionato napoletano di tante cose, tra le quali del romanzo della Anna Maria Ortese “Il mare non bagna Napoli”, che ci siamo appuntate come un buon consiglio. Stare in piazza ci ha riservato una sorpresa di carattere letterario…chi l’avrebbe mai detto?!
Un altro signore si è avvicinato in modo un po’ minaccioso, ma invece poi voleva solo dirci che suo padre aveva ammazzato tanti fascisti ma che evidentemente (indicando il Comune) ne erano sopravvissuti troppi.
Non sono mancati i commenti sugli zingari. E’ un collegamento molto comune: quando si parla dei lavavetri, si finisce sempre a parlare di zingari.
Infine si è avvicinato un gruppo di signore sulla settantina, con i loro capelli candidi e laccati, che hanno letto il cartello, senza capire bene il senso della frase. Allora si sono chieste se eravamo a favore o contro i lavavetri, e quando abbiamo specificato che eravamo “per il ritiro dell’ordinanza” hanno approvato con trasporto il fatto che fossimo “per il ritiro dei lavavetri”…..
In realtà ci sono state molte persone che si sono fermate e hanno condiviso con noi la difficoltà di rapportarsi a una questione così controversa e faticosa per chi non si vuole arrendere all’imposizione, tanto facile, di eliminare il ‘brutto’, lo ‘sporco’, il ‘povero’.
Molte le visite e gli incontri fortuiti con soggetti “amici”: la consigliera del PRC Anna Nocentini, Sabrina Sganga di Controradio, Guido Zini, Anna Doni, Rosanna Bianchi, Lorenzo Guadagnucci, Valentina Ferrucci, Pape Diaw dell’Arci, Ingrid Lamminpää, Stefano Morandi di Greeenpeace e tanti altri che passando si sono fermati a parlare con noi di tante cose, personali e politiche. Mara si è avvicinata per dirci che non è di Firenze, ma che vorrebbe fare qualcosa anche lei, e si è segnata per un turno di digiuno.
Il tempo è volato, e le ore in piazza sono state senz’altro la parte più bella della giornata. Forse i cartelloni-sandwich aiutavano ad attenuare la fame, che si è fatta sentire più forte una volta che ce li siamo tolti...
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