venerdì 5 ottobre 2007

"MA CHE FIRENZE E' QUESTA?"


Ben quattro digiunanti per il 15' giorno di sciopero della fame a staffetta. In piazza Signoria hanno sostato per tutta la mattinata Teresa Santarelli e Beatrice d'Elia, che hanno avuto un gran numero di occasioni di conversazione con i passanti. Qualcuno, come al solito, ha inveito contro la protesta, in genere senza intavolare la minima discussione, ma sembra crescente il numero delle persone che vogliono capire, informarsi e a volte anche sostenere la richiesta di ritiro dell'ordinanza sui lavavetri.

"Piu' di una persona - dicono Teresa e Beatrice - ci ha chiesto informazioni su che cosa sta accadendo a Firenze. Una signora, che ha lasciato Firenze da qualche anno, ci ha detto di essersi vergognata per le ordinanze sui lavavetri e ci ha chietso se in citta' stia davvero cambiando cosi' tanto il senso comune. E' difficile dire. Certo l'ordinanza, specie all'inizio, ha avuto un forte consenso, poi pero' sono subentrate le perplessita', in particolare dopo le prese di posizione del procuratore e dei gip, che hanno mostrato le lacune anche giuridiche dei provvedimenti. Ora e' difficile valutare quale sia l'umore della citta'. E percio' e' importante proseguire con questa campagna".

A distanza, cioe' senza sostare davanti a Palazzo Vecchio, oggi digiunano per 24 ore Barbara Guarducci, iscritta al corso di Laurea per Operatori di pace di Firenze, e Rosa Parronchi, che ha partecipato all'Assemblea Autoconvocata alla comunità delle Piagge. Lo sciopero a staffetta dunque prosegue e culminera' il 17 ottobre nella Giornata mondiale di lotta alla poverta'.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Sono una delle due digiunanti di venerdì, Beatrice.Sono molto contenta di aver scelto questa tra le modalità del digiuno, perchè mi ha permesso di mettermi alla prova davanti a persone che non conoscono la mia opinione e alle quali, quindi, bisogna sforzarsi di farsi capire in poco tempo, senza la possibilità di fare discorsi troppo articolati. Bisogna, cioè, andare al nocciolo delle proprie motivazioni.
Per la verità, la maggior parte delle reazioni è stata impulsiva e tendenzialmente irrispettosa. Osservazioni un po' fini a se stesse, ma sicuramente espressive di una rabbia reale e diffusa. A tali osservazioni naturalmente non abbiamo risposto.
Vi sono stati però alcuni sporadici e positivi episodi di persone che si sono fermate per chiederci le nostre motivazioni. Richieste di dialogo alle quali abbiamo risposto volentieri. In particolare è stato interessante parlare con una signora che era di opinione contraria alla nostra, anche se allo stesso tempo è stato frustrante constatare come la rabbia del cittadino, fenomeno dal quale nessuno di noi è esente, non venga esorcizzata per mezzo della partecipazione alla realtà, ma venga "delegata" allo Stato. Cioè non ci si rende nemmeno conto che ognuno di noi è chiamato a pensare il mondo che ci circonda. E quindi non ci si rende conto del fatto che potremmo e dovremmo pensare delle soluzioni per gli eventi problematici con cui ci scontriamo. Credo che partecipare significhi questo. E dato che il nostro è uno Stato democratico, ognuno di noi dovrebbe partecipare.